Il mio incontro con Paolo Rossi
Era il 24 Settembre 2016 quando a Forte dei Marmi le porte della storica Capannina di Franceschi si aprirono poco prima delle 20 per lasciar entrare gli invitati a un compleanno molto importante: i 60 anni di Paolo Rossi. Non avevo mai avuto la fortuna di conoscere Paolo in precedenza, una grave lacuna che credo di aver colmato fin troppo tardi. Non tanto per quella voglia morbosa tutta italiana di poter annoverare tra i miei contatti una star del mondo dello sport, ma perché sono bastati pochi attimi a contatto con lui per capire quanto grande sia stato fuori dal campo di gioco.
34 anni prima come indemoniato ero immerso dentro la fontana di Piazza Europa a La Spezia per festeggiare la vittoria del ‘mio’ primo Mundial spagnolo e accanto a me c’era mia mamma, la prima e unica volta che la ricordo così coinvolta da una affermazione dell’Italia nello sport. 34 anni dopo mi trovavo a dover organizzare il compleanno di colui che con i suoi sei gol consegnò agli azzurri di Pertini e Bearzot per la terza volta la coppa Rimet. Strana la vita, no?
Quella sera fu particolarmente emozionante e a più riprese mi ritrovai incantato a osservare la semplicità e l’umiltà di Pablito che, nel corso di tutta una serata di festa, non ha mai fatto pesare a nessuno di essere il campione del mondo, uno dei più grandi campioni dell’Italia calcistica. La cosa che più mi è rimasta in mente è quel sorriso, quella delicatezza che non mancava mai di rivolgere a nessuno, indipendentemente che al suo cospetto si trovasse il compagno di mille battaglie Antonio Cabrini o un cameriere di sala.
Quella sera la ricorderò sempre perché è una delle poche occasioni in cui ho avuto la possibilità di fare un autentico bagno nei ricordi più belli della mia gioventù, di toccarli e di trascorrere con loro ore spensierate. Una sorta di remake della notte di quel lontano Mundial, le cui immagini scorrevano sul maxischermo de La Capannina di Franceschi commentate dall’anchorman Bruno Longhi insieme ai grandi amici con i quali Paolo ha festeggiato con l’entusiasmo di un ragazzino. Sempre sotto l’occhio vigile della sua dolce metà Federica e delle adorabili figliolette Maria Vittoria e Sofia.
Ho incontrato altre volte Paolo Rossi e Federica, in Versilia ma anche e a Perugia invitato alla sua Academy internazionale. E le impressioni di quella sera ho avuto modo di confermarle tutte: persone fantastiche.
L’addio a Paolo Rossi, a Maradona e i loro eredi
Oggi Paolo se ne è andato, ci ha prematuramente lasciato e con lui se ne è andato un altro pezzo di un calcio che non c’è più. Un calcio fatto di palloni di cuoio, di maglie di flanella, di dirette radio con le voci concitate di Enrico Ameri e Sandro Ciotti, delle prime immagini di Novantesimo minuto che ci restituivano istantanee di stadi pieni zeppi di tifosi entusiasti innamorati di uno sport ancora (non del tutto) sporcato dal business.
Gli interpreti di quel marketing sportivo erano molto facilitati perché avevano ‘testimonial’ viventi che, in virtù delle loro gesta sui campi di gioco, promuovevano lo sport più bello del mondo con una forza e una naturalezza disarmanti. Non c’erano i social, non c’erano cento telecamere piazzate ovunque, eppure il traino su cui gli sponsor di allora potevano contare era cento, mille, diecimila volte più efficace di oggi. Non era la presenza dei cameramen sotto le docce la molla che trasformava i tifosi in consumatori, era la grandezza di tutti quegli interpreti che facevano sognare ragazzini e trepidare i genitori.
Oggi Paolo non c’è più come non c’è più un altra leggenda, Diego Armando Maradona, che in quel mondiale spagnolo uscì dal campo espulso con la maglia stracciata da Claudio Gentile. Di quanto questo vuoto sembri una voragine ce ne rendiamo conto trovando tracce di storie pallonare non sulla Gazzetta dello sport o alla Domenica Sportiva ma sulle pagine delle riviste di gossip che sprecano inchiostro e fotografie per raccontare delle performances extrasportive di calciatori contemporanei come Mario Balotelli prima o Nicolò Zaniolo adesso.
I tatuaggi sempre più bizzarri, le fuoriserie da lanciare a 200 km/h nei centri urbani, i flirt con compiacenti showgirls, le apparizioni sempre più frequenti di mamme, fratelli e sorelle in trasmissioni tv pronti ad accaparrarsi attimi di popolarità; ecco tutta questa ‘spazzatura’ è quanto di meglio questi miracolati riescono a regalarci ed io non posso far alto che guardare verso l’altro e sospirare sempre più amareggiato. Giocando a pallone coi i miei amici nel piazzale sotto casa tra le macchine in sosta sognavo un giorno di emulare Paolo Rossi, i miei figli ahimè non avranno mai questa fortuna…