Fare marketing sportivo in un mondo in cui la matematica è un’opinione
Lo stop dei campionati causa coronavirus ha messo con evidenza a nudo la fragilità economica dell’intero sistema calcio italiano, vera fabbrica di debiti che una finanza creativa è stata chiamata ad aggiustare anno dopo anno con equilibrismi contabili da brivido. Una realtà che si ostina a voler vivere nettamente al di sopra delle proprie reali possibilità con una cronica impennata dei costi mai compensata da una adeguata crescita dei ricavi. Questo ha creato le condizioni per l’inesorabile indebitamento di tutta la seria A che ammonta ormai alla cifra record di 2,2 miliardi di euro.
In tempo di pandemia da coronavirus, sarebbe quanto mai opportuno da parte dei vertici dell’industria pallonara un ripensamento dell’intero sistema. Il calcio italiano non si può credere messo al sicuro col semplice decurtamento degli stipendi in atto, con la Juve ad aprire il varco e l’Inter prossima a seguirne l’esempio.
“Il rischio concreto è quello di tutta una serie di rovinosi fallimenti, specie di quei club meno sostenuti dai proventi dei diritti tv.”
“È nostro compito attenzionare plusvalenze e scambi sospetti! Tutti gli scambi senza finanza vanno segnalati alla Procura e segnaleremo alle società di revisione se alcuni elementi danno sospetti” queste sono le parole pronunciate a reti unificate esattamente un anno fa da Gravina, presidente della Federcalcio italiana. Un monito che gli inglesi definirebbero Reinvent the wheel (letteralmente reinventare la ruota), o se preferite il più maccheronico scoprire l’acqua calda.
La crisi del calcio italiano (ben prima del coronavirus) e le plusvalenze fittizie.
Il sintomo è di una grave crisi economica tamponata anni fa dal decreto spalmadebiti, poi riacutizzatasi subito. Più che una febbre da coronavirus, un vero e proprio cancro cui si è cercato di metter mano, non trovando soluzioni reali, ma ricorrendo alla pratica perverse con l’unico intento di aggiustare i bilanci in rosso.
“Tramontato l’artificio della comproprietà, si è passati all’arte di creare ricavi fittizi per nascondere le perdite e rimandare eventuali problemi al bilancio successivo.”
Il funzionamento è semplicissimo. Se un calciatore acquistato per 100 euro viene rivenduto sulla carta a 1.000 si crea una plusvalenza di 900 euro: questa cifra virtuale scritta nel bilancio va ad aumentare i ricavi e ad abbattere le perdite. Ceduto quel calciatore quello stesso club torna sul mercato per comprarne un altro per una cifra superiore con lo stesso meccanismo: si genera così una fitta rete di scambi di professionisti, una girandola di contratti con cifre crescenti. Ecco creata la fabbrica dei ricavi falsi.
“Il crescente ricorso a questo artificio di bilancio coinvolge ormai tutte le società, sempre più impegnate in continui scambi di calciatori ceduti e comprati vicendevolmente.”
Una pratica win win in grado di generare plusvalenza per entrambi i club coinvolti: nessuno incassa liquidità, mentre i debiti sono liberi di aumentare.
Quando anziché un farmaco si sceglie una droga.
Questo meccanismo, oltre a drogare i bilanci anestetizzando le perdite, porta a una incontrollata lievitazione dei costi attraverso gli ammortamenti degli anni successivi. E succede così che in Italia l’impatto degli ingaggi sui bilanci dei club è arrivato a incidere per il 70%.
Non è un caso se l’Italia è il paese dove si concretizza il 50% in più dei cambi di casacca di calciatori rispetto a tutta Europa. Questo, naturalmente, con grande gioia dei procuratori che, dato recente, incassano quasi 150 milioni di euro in una stagione (anche questo un primato europeo).
“Le plusvalenze sono debiti e nei bilanci di ogni anno questa pezza è diventata sempre più grande.”
- 2015/16: 437 milioni
- 2016/17: 690 milioni
- 2017/18: 731 milioni
In 7 anni (2012-19) sono state contabilizzate complessivamente plusvalenze per 3,76 miliardi di euro.
“La recente storia del fallimento del Parma tenuto in vita per anni solo da artifici contabili rischia di non essere servito da monito agli amministratori dei club italiani e il coronavirus mette oggi a repentaglio la sopravvivenza di più di una realtà.”
In un paese che ha fame di calcio è paradossale constatare che 16 club di serie A su 20 abbiano chiuso il bilancio in rosso. Le uniche eccezioni sono rappresentate da Napoli (+29 milioni), Atalanta (+24 milioni), Sampdoria (+12 milioni) e Udinese (+1 milioni). Importanti passivi per Milan (-146 milioni), Juventus (-40 milioni), Inter (-48 milioni) e Roma (-24 milioni)
Costi e debiti che stanno schizzando verso l’alto e la bolla che si è creata rischia di esplodere da un momento all’altro e, se così fosse, si potrebbe generare un crack finanziario senza precedenti.
Nel 1950 lo psicanalista Junh definiva i fenomeni legati tra di loro in modo istantaneo sincronicità. La parola deriva dal greco antico: Syn sta per assieme e Kronos è lo scorrere del tempo, letteralmente assieme nello stesso tempo. Viviamo continuamente coincidenze che dobbiamo imparare a decifrare con più attenta osservazione e operare di conseguenza.